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Sono passati quasi quarant’anni da quando Fratel Vincenzo Luise è partito in missione per Ougadougou, la capitale del Burkina Faso. È un fratello laico napoletano dei Camilliani, da tutti è noto come il Camorrista di Dio per i modi da figlio ribelle di rivolgersi alla santità nelle sue preghiere. Era da solo, ma con il tempo intorno a lui si è creata una comunità di giovani volontari e studenti universitari in continua crescita. L’impegno è costante e il lavoro mira a liberare il Burkina Faso da una lotta lontana dall’immaginario comune, quella contro la lebbra.
Paspanga è sempre stato uno dei quartieri più degradati di Ougadougou, una quarantina di case abitate da circa trecento lebbrosi esclusi dalla società perché non idonei, per la loro condizione di malati. Se in quel luogo di mancate speranze molto è cambiato è anche grazie a Fra Vincenzo e a chi collabora nella sua impresa.
Nel quartiere di Paspanga il centro Tripanau costituisce il punto di riferimento per centinaia di lebbrosi che regolarmente vengono a farsi medicare da Fra Vincenzo che, oltre a preoccuparsi del problema medico, provvede anche a fornire cibo ai malati. La struttura segue gratuitamente i malati, si fa carico dei loro ricoveri e approfondimenti diagnostici e sostiene le famiglie particolarmente in difficoltà. Il lebbrosario è formato da due grandi stanze, fornite, a partire dalle garze, di tutto il materiale necessario per la cura dei malati. Due volte a settimana i volontari si occupano delle cure infermieristiche di oltre trecento malati, la presenza di Fra Vincenzo è fondamentale per ciascuno di loro. Lavora senza utilizzare i guanti, come lui stesso spesso racconta, lo fa perché un giorno uno dei malati chiese per quale motivo li utilizzasse, se per timore o ribrezzo. Da quel momento Fra Vincenzo ha deciso di rifiutare l’uso dei guanti per non turbare il legame faticosamente instaurato con ogni singolo malato. Per questa sua infinita disponibilità, da chi frequenta il lebbrosario Fra Vincenzo viene chiamato affettuosamente «papà».
Solo con la caparbietà di un fratello bandito può essere intrapresa una lotta come quella racchiusa nelle foto. L’impresa che quotidianamente viene svolta a Paspanga è evidente se si analizza il retroterra culturale della società a cui appartiene. La terra degli uomini integri non può essere un luogo in cui la malattia viene accettata, è invece intesa come una debolezza da stigmatizzare. Il ghetto della capitale del Burkina Faso ne è la prova più grande. Fra Vincenzo e tutti coloro che lo circondano operano non solo a livello medico o economico, ma culturale. Il loro obiettivo è quello di modificare la concezione della malattia – sia essa la lebbra come l’Aids – da parte della società. Insegnare un maggior rispetto per la Vita, anche nei suoi momenti meno integri.
Testo di Serena Mauriello
Foto di Jacopo Naddeo